Vecchi post 2/ Thomas Hardy

La citazione è dal volume di Maria Stella, Momenti di Visione – identità poetica e forme della poesia in Thomas Hardy: ottanta liriche con testo a fronte – Franco Angeli. Scrive M. Stella “Poeta ‘camaleonte’ (in quanto privo di identità, di qualsiasi ‘unchangeable attribute’), se dell’ascendenza romantica vogliamo rintracciare il ramo keatsiano, senz’altro quello destinato a esercitare maggiore influenza nell’ultima produzione di Hardy: ‘When I enter a room I have unconsciously the habit of regarding the scene as if I were a spectre’. La tendenza alla diffusione e alla dispersione dell’io si fa qui pervasiva: all’annichilimento’ dovuto al premere delle altrui identità, si aggiunge la progressiva capacità e volontà del soggetto di stare ‘nell’incertezza, nel mistero, nel dubbio’. E (ancora via Paulin) questa vertiginosa risalita all’indietro che lascia senza fiato.

Proud Songsters

The thrushes sing as the sun is going,
And the finches whistle in ones and pairs,
And as it gets dark loud nightingales
In bushes
Pipe, as they can when April wears,
As if all Time were theirs.

These are brand-new birds of twelve months’ growing,
Which a year ago, or less than twain,
No finches were , or nightingales,
Nor thrushes,
But only particles of grain,
And earth, and air, and rain.

Nella traduzione di M. Stella

Fieri Cantori

Cantano i tordi mentre il sole scompare,
e i fringuelli, soli o in coppia, fischiettano,
e mentre scende il buio gli usignoli
a piena voce
zufolano, tra i cespugli, come sanno fare quando Aprile si consuma,
quasi che tutto il Tempo appartenesse a loro.

Sono uccelli nuovi di zecca, frutti di dodici mesi,
che un anno fa, o poco più,
non erano né fringuelli, né usignoli,
né tordi,
ma solo particelle di grani,
e terra, e aria, e pioggia.

Mi piace qui l’idea di un’identità che si pone come solo momentanea e discontinua, come fase di passaggio e flusso. Menzogna, nel senso buono e utile del termine, necessità di fare punto. C’è un’altra celebre lirica di Hardy, The Pedigree in cui il poeta analizza il proprio albero genealogico e non sa, non può continuare al risalita sino al primo dei primi. Ma è esattamente in quella malcerta discontinuità che sta il suo/nostro io, è lì che nasce il poeta che per primo può nominare le cose. I am I and what I do I do myself alone. Sempre con le parole di M. Stella: “la tradizione non appare ripercorribile dallo I fino a una piena presenza iniziale, il talento individuale non affiora che come complesso meccanismo di difesa: una necessaria, consapevole ‘menzogna. Entrambe queste negazioni sono necessarie perché si produca ‘il momento di visione’, l’attimo discontinuo e frammentario in cui affiora la verità sempre provvisoria della poesia.”

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