Suite success, dal Guardian del 16.01.09

Nell’edizione del sabato del Guardian, sezione Review leggo l’articolo di Eric Siblin sul volume dal lui scritto The Cello Suites: In search of a Baroque Masterpiece pubblicato in questi giorni da Harvill Secker. Sfido chiunque, anche un assoluto neofita o chi, per motivi diversi, non sia particolarmente appassionato di musica classica, a chiudersi in una stanza e a concentrarsi per qualche tempo nell’ascolto di una qualsiasi delle suites di Bach per violoncello solo senza rimanerne colpito in alcun modo. La questione è che parlano quel misterioso linguaggio universale in grado di interloquire con chiunque si disponga all’ascolto, muovendo le sensazioni più disparate, scheggiando la superficie anche del più duro tra i minerali. Siblin ci racconta di come quelle sei suites fossero cadute in disgrazia per molto tempo dopo la morte di Bach. Sino a quando. Sino a quando un ragazzo di tredici anni, tale Pablo Casals, passeggiando un bel dì con il padre per le strade del porto di Barcellona ne ritrovò lo spartito in un negozio di strumenti di seconda mano. Fu amore a prima vista e studio durato dodici anni prima che il giovane Casals si decidesse a eseguirle in pubblico. Fu l’inizio del recupero e del successo di quelle composizioni anomale di Bach; al punto che non vi sia violoncellista degno di tal nome che non si sia cimentato, prima o poi, con l’impresa di una registrazione omnia. Perché composizioni anomale? Siblin ci dice: “si pensa siano state composte intorno al 1720 ma non se ne possiede prova certa dal momento che il manoscritto originale è andato perduto. E i punti interrogativi non sono finiti. La suite n°5, per esempio, composta per una strana accordatura, esiste anche in forma di favolosa versione per liuto solo dedicata a ‘Monsieur Schouster’, di cui non si conosce assolutamente nulla. La suite n°6, poi, venne scritta per un misterioso strumento a cinque corde. Questioni come queste sono la norma quando si tratta di Bach dal momento che, diversamente dai suoi concorrenti nel pantheon della musica classica – Mozart e Beethoven – l’attenzione ricevuta da parte della cultura popolare è stata perlopiù passeggera. Di lui esiste un unico ritratto autentico, dipinto da Elias Hausmann, pittore alla corte di sassonia. Il ritratto di un Bach super-imparruccato, sovrappeso, bocca e naso volitivi, che ci mostra la pagina di uno spartito tenuta tra pollice e indice a dire: di questo mi occupo, solo di questo.

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