A volte tornano: quando tradussi Lawrence la prima volta

benedetta ingenuità: la mia introduzione di allora


Un po' di storia.

Conviene cominciare con il fissare alcune date. La prima è quella del 1928: l'anno di pubblicazione della prima edizione del volume con il titolo di Lady Chatterley's Lover (L'amante di Lady Chatterley). E già l'edizione del libro è un piccolo romanzo a se stante. Il testo, infatti, venne fatto pubblicare dallo stesso Lawrence dal piccolo ma astuto libraio-editore fiorentino Pino Orioli. Nella tipografia dove venne stampato il libro, nessuno sapeva una parola d'inglese e dunque nessuno probabilmente avrebbe mai pensato di avere tra le mani le pagine fresche d'inchiostro di uno dei libri più controversi e scandalosi del nostro secolo. Se c'è una data deve esserci anche un luogo. Questo luogo è Villa Mirenda presso Scandicci, non lontano dunque da Firenze. È qui che Lawrence scrive le tre stesure del libro, perché quello che il lettore si trova tra le mani non è che il punto d'arrivo di una lunga e difficile gestazione artistica. Occorre fare un passo indietro e spostarsi al 1926, ottobre del 1926. Lawrence si trova, come già si è detto, a Scandicci per tentare di trovare sollievo a quei disturbi polmonari legati alla tisi che lo avrebbero portato alla morte di lì a poco (1930). È questo è già un primo dato: uno scrittore di costituzione alquanto debole costretto per necessità ad abbandonare Eastwood, Nottingham dove era nato nel 1885 al perenne inseguimento di climi migliori, di sole, di sollievo ad una malattia che Lawrence rifiutò sempre di ritenere grave al punto da potergli essere fatale. E durante questi viaggi, Lawrence, in compagnia della moglie Frieda (e il loro matrimonio è un altro dei romanzi dentro al romanzo che fu la vita dello scrittore) visita non solo buona parte dell'Europa ma anche il Messico, l'Australia, Ceylon. Ma dicevamo il 1926. È in quell'anno infatti che lo scrittore redige, pare di getto, la prima stesura del libro. Si tratta di un volume di circa 250 pagine. Nel periodo tra la primavera e l'estate dell'anno successivo, lo scrittore si dedica alla seconda stesura, di molto ampliata rispetto alla prima (intorno alle 380 pagine). Molto critici hanno considerato questa seconda stesura come la migliore delle tre. L'edizione finale - quella che oggi leggiamo con il titolo di L'amante di Lady Chatterley -, venne completata solo nel 1928. Ha un numero di pagine intermedio rispetto alla prima e alla seconda edizione e una serie di variazioni da prendere in considerazione per una migliore comprensione di cosa sia esattamente il volume che ci si trova tra le mani. La prima riguarda l'evoluzione subita dal personaggio del guardacaccia. Dal Parkin (questo il nome originario del guardacaccia) delle prime due stesure si passa al definitivo Mellors della terza. Non più un uomo un po' selvaggio, incontaminato e ribelle ma un personaggio che sa anche essere colto e raffinato, un "signore" per usare le parole dello stesso Lawrence. E qui cade forse il primo dei tanti miti legati allo scandalo Chatterley. Non la signorinella inquieta e il macho tutto sesso e niente cervello, ma una giovane donna intelligente e un uomo che ha fatto scelte difficili nella vita ma che ha anche saputo coltivare un rapporto pulito e autentico con la sfera più profonda della propria sessualità. Veniamo all'altro problema spinoso, quello relativo al linguaggio. Scrive Ragazzini a proposito del linguaggio della terza stesura raffrontato a quello delle altre due, in un volume preziosissimo per chi intenda approfondire la conoscenza della gestazione artistica, delle varianti apportate nel tempo dallo scrittore, delle strutture e delle modalità relazionali all'interno delle quali si danno tutti i personaggi della vicenda: "una maggiore frequenza delle parole oscene (four-letter words) che per Lawrence sono l'unico mezzo linguistico atto ad esprimere la passione dei sensi." E poco oltre: "Sembra proprio che Lawrence, con questo climax semantico, voglia attingere, quando tratta del sesso, le mistiche vette del culto fallico degli antichi greci e degli etruschi, ovvero dei popoli asiatici o di quei primitivi a lui così cari. È il prete dell'amore che qui officia e qui opera: egli ha una vitale missione da compiere e, per conseguire il suo scopo, la redenzione dell'uomo, il novello messia non può curarsi di banali problemi di concretezza e di realismo." E questo ci aiuta a sgomberare il campo dal secondo grande equivoco che accompagna il libro, l'equivoco che potremmo definire della "parola oscena a tutti i costi". Non si tratta dunque di una scelta gratuita od ingiustificata, una scelta che tradirebbe in qualche modo il senso interno al testo. Al contrario, il testo non sarebbe stato più lo stesso se l'autore, per scongiurare le reazioni dei benpensanti, avesse deciso di ricorrere ad una serie di espressioni eufemistiche o di perifrasi ridicole. Davvero difficile pensare che un "novello messia intento alla redenzione dell'uomo" cominci a percorrere le infinite gradazioni e sfumature più o meno velate e più o meno socialmente accettate delle parole che hanno a che fare con il sesso e con le sue funzioni. È stato in seguito a queste considerazioni che si è deciso di tradurre senza fare ricorso a strategie di arrampicamento sugli specchi. Si è optato per la diretta semplicità di un linguaggio che possiede una forza profonda e vitale quando, ovviamente, non se ne abusa svuotandolo della sua pregnanza semantica. Non è con questo che si voglia difendere qualcosa o qualcuno, la fortuna successiva del libro ha già fatto giustizia delle tante stupidaggini che sono state dette, quanto liberare il campo da tutta una serie di equivoci che da sempre hanno accompagnato il libro. Equivoci che, in un'aula scolastica ad esempio, possono assumere la forma di risolini imbarazzati da parte degli studenti e di occhiate ansiose da parte del professore di letteratura inglese di turno che deve fornire spiegazioni e traduzioni. Il sesso e il linguaggio usato per esprimerlo, i personaggi che fanno del sesso nel libro, rientrano in quell'ambigua e scarsamente definibile categoria che va sotto il nome di romanzo. Ed è in quanto tale che bisognerebbe giudicare il libro. Si accetta dunque una critica come questa: "Nonostante qualche pagina felice il romanzo riesce poco convincente nel suo insieme perché la motivazione psicologica dei personaggi principali scaturisce non dall'azione ma dalle vicende autobiografiche dell'autore e non riesce a articolarsi in modo persuasivo (o anche solo intelleggibile) nelle strutture narrative dell'opera." Mentre fa davvero una grande malinconia il frontespizio dell'edizione inglese della Penguin che riporta la dedica ai dodici giurati inglesi che all'Old Bailey - il tribunale di Londra - il due novembre del 1960 pronunciarono un giudizio di non colpevolezza nei confronti dell'accusa di oscenità rivolta alla medesima casa editrice per avere pubblicato il libro l'anno prima.
Quello è il frontespizio delle censure e dei tabù, delle tante grandi o piccole intolleranze che spesso hanno impedito all'umanità di fare un passo avanti verso la conoscenza autentica del proprio profondo. Una sorta di lapide al ritardo con il quale l'uomo ha da sempre avuto paura di scoprire che quelli che crede mostri immondi dentro di sé, altro non sono che le briciole semplicissime e umanissime delle proprie piccole verità.
Senza, almeno in parte, i pre-giudizi che da sempre hanno accompagnato anche solo il titolo di questo libro, si può tentare di vedere quale sia il contenuto della filosofia lawrenciana della vita e del sesso così come emerge dalle pagine de L'amante di Lady Chatterley.

Il sesso come calore e come comunicazione.

Viene da sorridere a rileggere oggi i passi sui quali le varie censure hanno voluto posare le lame affilate delle loro forbici moralisticamente lucide. Viene da sorridere davvero. Basta accendere la televisione a qualsiasi ora del giorno e della notte per sentire un linguaggio e vedere immagini che avrebbero fatto arrossire anche quel viso malaticcio e barbuto che ci osserva dalle varie edizioni dei libri di Lawrence. Eppure, ci sono molti eppure. Eppure le riviste sono piene di immagini di donne nude (pochi uomini, in verità), sulle televisioni imperversano discussioni sulla possibilità d'introdurre lezioni di educazione sessuale nelle scuole, predicatori della nuova rivoluzione sessuale hanno attraversato un ventennio ormai, pornostar elette in parlamento con manager risoluti tentano di convincerci che la pornografia è la nostra più grande libertà e chi si azzarda a dire il contrario altri non è che il solito bacchettone di turno. La domanda rimane del tutto aperta: questo trionfo del sesso in tutti i suoi aspetti ha davvero a che fare con una maggiore e intima crescita interiore? Sarebbe stato divertente sentire l'opinione di Lawrence a proposito, magari contrapposto in una bella tavola rotonda al tuttologo di turno, all'ex-femminista, all'immancabile pornostar, al prete di larghe vedute, ecc. ecc.
Ma non lo si può fare. Di Lawrence, però, ci rimangono alcune pagine. È del da qui che vorremmo partire. È dal di qui che si può capire come in tante pagine di questo libro ci sia una visione del sesso e della vita che la nostra era mass mediatica non è ancora riuscita a centrare in pieno.
Le coordinate appaiono abbastanza chiare. Da una parte sta Clifford, l'uomo mutilato fisicamente e psichicamente, l'uomo che necessita di padroneggiare il mondo con gli strumenti della razionalità. E, si badi bene, Clifford non è così a causa della propria menomazione fisica. Già nel primo capitolo, Lawrence ci racconta di un Clifford ancora sano ma già non interessato a quelle che per lui altro non sono che emozioni vissute in uno stato di disordine. Anche il linguaggio che usa denota in lui l'esigenza di filtrare l'esperienza del mondo attraverso la parola. Ecco: sta qui il punto. È la parola quella che domina il mondo di Clifford. È contro quella parola asettica che si scaglia Constance, sua moglie, è in quella parola usata come uno strumento di difesa acuminato che la moglie, a poco a poco, comincia a non credere più.
Dall'altra parte sta Mellors, il guardacaccia. Si esprime in inglese corretto e anche in dialetto stretto. Conosce il registro del mondo cosiddetto "per bene", ma anche quello delle "scimmie" come lui. Quest'ultimo è il mondo dei minatori, il mondo delle masse. Ma attenzione qui va posto un primo paletto. La contrapposizione non si gioca tra il mondo intellettuale e quello plebeo, tra un mondo tutto razionalità e dialogo e un altro che non conosce la parola ma fa "parlare" i fatti. Mellors e con lui Lawrence è pronto a nutrire il più profondo disprezzo di quelle masse inconsapevoli e brute che hanno assunto il denaro come unico scopo da perseguire nella loro vita. Ricchi e poveri sono identici in questo; cercano di ottenere più soldi che possono. L'unica differenza è tra chi li ha e chi non li ha. Il discrimine dunque corre lungo un uso più o meno profondo del linguaggio. Non è che la mancanza della parola sia un sinonimo di presenza dell'azione. Mentre, viceversa, la mancanza della consapevolezza indica certamente la spia rossa o un divieto d'accesso.
In gioco sono, da una parte una parola che sa essere "calda", dall'altra una parola che è sempre è comunque "fredda". Da una parte una parola che non conosce punto di contatto o possibilità di espressione che non sia il fonema, la struttura linguistica. Dall'altra sta una parola multiforme, una parola che scende e sale lungo i registri che vanno dell'assenza di peso di un flusso d'aria modificato dagli organi fonatori a quello delle piccole contrazioni del pene nel rapporto sessuale al quale "rispondono" altre e diverse contrazioni della vagina.
Non è un caso che si siano usati questi termini di caldo e di freddo. C'è una pagina del capitolo VII nella quale una Connie ancora inconsapevole usa il termine warm (caldo) per bene nove volte. Connie sta cercando di definire cosa manchi esattamente a Clifford e a quelli come lui per essere persone complete.
Ma c'è dell'altro ed è a questo punto che entra in campo la protagonista del libro. Attraverso di lei il lettore sale tutti i gradini della filosofia di Lawrence relativa al sesso. Dalle prime esperienze di Connie con i ragazzi conosciuti prima del matrimonio, a quelle poche avute con Clifford prima della mutilazione, il lettore comprende di essere di fronte a una persona per così dire "sessualmente neutra". Si tratta di una donna che non ha ancora sviluppato una concezione della sessualità propria e indipendente. Si adagia su quella di Clifford fino a quando si rende conto che la vita non può essere quella che gli racconta il marito. C'è troppo freddo in quella vita, fa troppo freddo in quella vita. E allora Connie decide di provare questa cosa misteriosa che tutti chiamano sesso. Ha intuito che una delle tante strade possibili passa dal di lì. Ha una storia con uno scrittore conoscente del marito ma Connie, ne esce quasi distrutta. Cosa è accaduto?
È successo che Connie si è resa conto di una propria e assoluta incapacità. Ha vissuto una storia "pornografica" e non "erotica". Ha usato l'amante come sostituto della masturbazione, ha staccato il membro dell'uomo dalla persona alla quale apparteneva. Così è la pornografia. Un dialogo asettico di posizioni e prestazioni. Una rincorsa faticosa e affannosa della performance, del numero di volte, l'assoluta serietà della ripetizione meccanica.
A questo punto della vicenda entra in campo Mellors il guardacaccia. La sua integrità di uomo nasce dalla ribellione agli ideali correnti quali l'arrampicamento sociale a tutti i costi, la prostituzione al dio denaro, il rifiuto delle imposizioni sociali. Un ribelle insomma, ma un ribelle che non ha fatto davvero nulla di trascendentale. La sua presunta "ribellione" infatti consiste nell'avere risposto molte volte "preferirei di no" davanti agli allettanti lustrini della parola "fredda". Questo è un uomo sulle cui opinioni si potrebbe discutere all'infinito, un uomo talvolta superficiale, talvolta un po' rozzo e semplicistico. Ma rimane un uomo che ha cercato di riflettere. Ma "riflettere" con il corpo, "pensare" anche con il pene.
Scrive Lawrence in un saggio dal titolo "A proposito di L'amante di Lady Chatterley": "Voglio che uomini e donne siano in grado di pensare il sesso pienamente, completamente, onestamente e pulitamente." Non molto di più. E Mellors non è arrivato a tanto, ma almeno ci ha provato. E, grazie a questo tentativo diventa nelle parole di Connie: "un uomo che ha il coraggio della propria tenerezza."
Lady Chatterley apprende con fatica e la fatica consiste tutta nel liberarsi del pre-giudizio, nel coraggio di affrontare anche lo scandalo pur di vivere secondo una conoscenza interiore che si ritiene più profonda e dunque più vera. Lawrence nel capitolo XII, forse il più bello del libro, paragona questa nuova conoscenza raggiunta da Connie a una rinascita. E di questo si tratta. Una rinascita che si accompagna a qualcosa di sacrale e di magico e non a un semplice piacere passeggero e rapido a dileguarsi. Si tratta della conquista di una sessualità piena nel senso della comprensione piena di colui o colei che ci sta di fronte. Una comprensione che passa attraverso un dialogo che conosce la parola calda e la parola fredda. Se è vero, come si dice, che le ferite psicologiche segnano il corpo di un uomo, rimane altrettanto vero che con quello stesso corpo l'uomo può, talvolta, riconquistare una delle sue tante possibili salvezze.
Già da queste poche cose dette appare chiaro allora che una lettura del libro è qualcosa che non necessita giustificazioni. Forse hanno ragione i critici che parlano di un romanzo troppo lungo e macchinoso, di personaggi che non riescono a liberarsi sino in fondo di una certa meccanicità e di un simbolismo fin troppo scoperto. Resta però il fatto che quello che emerge è un "messaggio" che a quasi settant'anni della pubblicazione del libro rimane ancora capace di una propria portata rivoluzionaria che la nostra epoca così ricca di immagini e di parole ancora non è riuscita a comprendere.

Commenti

Post più popolari