Intervista a Simon Armitage

Simon Armitage è nato ad Huddersfield, West Yorkshire, nel 1963. Ha studiato geografia presso il Portsmouth Polytechnic per poi proseguire gli studi all'Università di Manchester (Scienze sociali e Psicologia). Ha lavorato per qualche anno come educatore per persone in libertà vigilata, lavoro che ha lasciato per dedicarsi completamente alla scrittura. Cura un programma per la BBC radio e collabora regolarmente con le televisione. Con Cloudcuckooland - 1997 - è alla quarta raccolta per i tipi della Faber and Faber (Kid, 1992, The Dead Sea Poems,1993, Book of Matches, 1995 le altre raccolte). Zoom, Bloodaxe 1989, il suo primo libro, oltre a vendere 7000 copie è stato nominato Poetry Book Society Choice. Vive e lavora in una casa di un piccolo centro sui monti Pennini.

LG:
Qual è il rapporto che ti lega alla tua terra natale - lo Yorkshire - e come è nato in te il desiderio di scrivere versi?

SA:
Sono cresciuto nello Yorkshire al confine con il Lancashire, in un piccolo paese tra i monti Pennini. Si tratta di un luogo di campagna anche se Manchester e Sheffield e Leeds e Bradford sono tutte a un'ora di automobile e dunque… davvero non molto lontane! La poesia è nata con la nostalgia per casa. Ho frequentato l'Università in una città della costa meridionale dell'Inghilterra e ho cominciato a scrivere versi su questo mio desiderio di essere di nuovo a casa.

LG:
Chi sono, tra i contemporanei, i poeti che ami di più e chi consideri i tuoi "maestri"?

SA:
Ted Hughes, il poeta laureato, e Tony Harrison - tutti e due vengono dallo Yorkshire e rappresentano due voci molto importanti per me; mi hanno insegnato a vedere le cose che mi stanno di fronte come una risorsa, ad ascoltare la lingua con la quale quelle cose sono state descritte per generazioni e a rapportarle e combinarle con la contemporaneità. Anche Paul Muldoon ha rappresentato un'influenza molto forte, penso al suo uso del vernacolo, e di come sia riuscito a piazzare il nucleo poetico all'interno del parlato. E poi c'è Peter Sansom - meno conosciuto dei tre poeti - ma il più importante per me come "maestro". Mi ha insegnato come leggere una poesia e questo mi ha permesso poi di andare avanti e scriverne una mia.

LG:
In termini più tecnici, come scrivi esattamente? Da dove nasce la poesia per te?

SA:
Cerco di scrivere di slancio. Ad orecchio. Poi, mentre procedo, ritorno molto volte su quello che sto scrivendo cercando di ottenere qualcosa di artistico piuttosto che di instabile da un punto di vista emotivo. Preferisco l'ordine al caos nel mio lavoro, ma questo non significa che non apprezzi la sperimentazione, la cruda spontaneità nell'opera di altri poeti. Mi piace. Da dove viene la poesia? Non lo so. Forse la porta la cicogna, o no?



LG:
Già. E come definiresti la situazione della poesia inglese contemporanea?

SA:
Molto varia, plurale, molto stimolante. Una chiesa liberale - nessuno che dice "giusto" o "sbagliato" su come si deve scrivere. Nessun dominio da parte di una scuola di pensiero o di qualche critico in particolare. La gente fa la propria cosa arrivando alla poesia da ogni possibile angolazione. La poesia attraversa le classi e i confini territoriali. Mi pare proprio che sia in buona salute.

LG:
Pensi che si possa parlare di una "tradizione inglese" e qual è il tuo rapporto con questa tradizione?

SA:
Più che di rapporto con la tradizione inglese parlerei di metodologia. Detto in poche parole: si tratta si saperne il più possibile e poi di dimenticarsi tutto nel momento esatto in cui si comincia a scrivere. Penso che questo paradosso, questa contraddizione sia fondamentale per il mio modo di scrivere. Ciò che più mi interessa è la poesia e cerco di assimilare quanto più posso da tutti i poeti che hanno scritto nel passato, in particolare modo da quelli di nazionalità inglese. Ma poi, alla fine, quando si tratta di mettere nero su bianco cerco di sfruttare un elemento istintuale, qualcosa di subconscio o forse sarebbe meglio dire di "superconscio". Se il peso della storia rimane come un macigno sulle spalle davvero non ci sarebbe modo di mettere una parola dopo l'altra.

LG
Mi sembra che il sociale (penso a molte delle tue liriche nelle quali sono spesso presenti persone ai margini dell'esistenza) sia un tema importante del tuo lavoro. Quale dovrebbe essere, a tuo modo di vedere, il ruolo del poeta nella società?

SA
Rimettere la gente in rapporto con un'esperienza più ampia di quanto nel mondo è vitale, con tutte le sfumature e complessità del sentire, del comprendere, del discutere. Porre le domande, credo, quando la maggiore parte delle cose che ci vengono date sono sotto forma di risposte semplici.

LG
Mi dici che sei stato in Italia due volte. In che rapporti sei con la poesia italiana (contemporanea e non)?

SA:
La poesia è diventata una forma di comunicazione molto specialistica ed è davvero difficile riuscire a trovare un rapporto vero e profondo con il lavoro di qualcuno che scrive in una lingua diversa dalla tua, a meno di conoscere quella lingua molto bene. E io, come la maggiore parte degli inglesi sono disperatamente monolingue (benché, al contrario di molti inglesi, non è che vada molto fiero di questo, anzi, un po' mi imbarazza ammetterlo). Nelle occasioni in cui sono stato in Italia e ho dato un'occhiata al lavoro di altri in traduzione, mi è sembrato molto difficile catturare il tono delle liriche, cosa che ritengo essenziale. Rimango un outsider pieno di interesse, quindi. Comunque già il sapere che qualcun altro pratica la tua stessa arte può bastare, a volte: condividere l'esperienza di fare esperienza di qualcosa, anche se i testi in sé rimangono irraggiungibili.

Commenti

Post più popolari