Il vecchio John

All’inizio del terzo libro del Paradise Lost, John Milton invoca la luce. È una lunga supplica che spinge senza esitazione verso l’alto in un momento in cui davvero, dentro e fuori, tutto per lui è cupo. Satana, in seguito alla sua ribellione, è oramai un angelo caduto. Il re, dopo la breve parentesi della Repubblica di Cromwell cui Milton fornisce tutto il suo appoggio e per il quale lavora attivamente, di nuovo stabile al suo posto. Dal 1652, il poeta è ormai completamente cieco. Ha avuto salva la vita grazie all’intercessione di qualche amico influente ma i suoi libri sono stati bruciati sulla pubblica piazza. Lavora dettando a qualche scrivano e l’aneddotica vuole che si levasse alle quattro del mattino per continuare quell’opera che pubblicherà in dodici volumi nel 1667, a sette anni dalla morte. L’analisi che ne fa Tom Paulin nel volume The Secret Life of Poems è davvero “illuminante”; si noti solo come eye-I-sight negli ultimi tre versi contribuiscano a creare forma in ciò che forma non ha, reiterando allo stesso tempo quel suono "ai" (in quite) che apre e diventa dominante negli ultimi versi (da "shine" a "mind" – in diretta relazione con "light"). Poesia.



Thus with the year
Seasons return; but not to me returns
Day, or the sweet approach of ev'n or morn,
Or sight of vernal bloom, or summer's rose,
Or flocks, or herds, or human face divine;
But cloud instead, and ever-during dark
Surrounds me, from the cheerful ways of men
Cut off, and for the book of knowledge fair
Presented with a universal blank
Of Nature's works to me expunged and razed,
And wisdom at one entrance quite shut out.
So much the rather thou, celestial Light,
Shine inward, and the mind through all her powers
Irradiate, there plant eyes, all mist from thence
Purge and disperse, that I may see and tell
Of things invisible to mortal sight.

(nella traduzione di R. Sanesi)

Cosi con l'anno
tornano le stagioni; ma a me non torna il giorno,
né il dolce approssimarsi della sera, l'aprirsi del mattino,
la vista dello sboccio a primavera, la rosa dell'estate,
o le greggi, o gli armenti, né il volto divino dell'uomo;
solo una nuvola, una perenne oscurità mi circonda, esiliato
dalla vita felice degli uomini, e invece del libro
della bella sapienza mi appaiono un vuoto deserto le opere
della Natura, che mi sono sottratte e cancellate,
e mi è negato un ingresso alla saggezza.
Per cui Luce Celeste tanto più risplendi
dentro di me, e con i tuoi poteri irradia la mia mente,
donale occhi, e sottrai, e disperdi le nebbie
che l'hanno invasa, cosi che possa vedere e raccontare
queste cose invisibili allo sguardo umano.

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