Don Paterson I

Una Puntina Ellittica



Mio zio era raggiante. “Eh sì, la tua puntina ellittica -
li tira proprio fuori tutti i piccoli dettagli.”
Bilanciata a una frazione di oncia
la grassa cartuccia affondò come una piuma;
la musica si rovesciò tridimensionale
come se avessimo potuto camminare tra i musicisti.

Mio babbo, in grado di cogliere la differenza,
andò da Largs a comprare una puntina ellittica
per il nostro antico e martoriato piatto della Philips.
Il tizio si sbellicò dalle risate: “Non può…
ehm… dovrebbe aggiornare il suo impianto.”
Ghignava ancora quando ci congedò dal negozio
con delle puntine grosse come chiodi da tappezziere,
l’unico tipo che andasse bene per il nostro modello.

(Ammesso che io fossi stato suo figlio: sbirciamo
‘Fedeltà’, la poesia che sto scrivendo adesso:
Il giorno in cui mio padre morì, mi mostrò come
azionava il piatto per una prestazione ottimale:
è quella la lezione che ricordo – come regolava
il peso, così che la puntina fosse in equilibrio
da qualche parte tra ellissi e precisione,
mentre abbasso piano la punta affilata sulla riga
e aspetto che catturi la vibrazione
fin quando si muove sulla pagina, come un cardiografo…)

Guidammo lenti al ritorno, come se avessimo bucato;
mio babbo che simulava impassibilità e la risata di quell’uomo
piantata nella mia testa, ed è qui che la storia si pianta
e con lei qualunque tentativo di cauterizzare la favola
con qualcosa di assiomatico sulla natura
dell’articolazione e dell’eredità,
dal momento che lui può permettersi di fare le sue
scuse, tu la tua interpretazione.
Ma se voi continuaste a insistere sulla risonanza –
io suonerei uno swing per lui e per tutti gli altri stronzi
contenti di fare conoscere a mio padre la sua posizione,
tra i quali probabilmente ci sei anche tu. Per dirla tutta.

Commenti

Post più popolari