inserti vari

Era tempo che non leggevo gli inserti dei vari quotidiani. I miei preferiti: Alias, Review dell'edizione saturday del Guardian, ultimissimo (ma questa settimana pare una copia in minore di Alias) Tuttolibri de La Stampa.
Alias ha un bell'articolo di Massimo Stella sull'ultimo volume della Fusini. L'avevo scorto in libreria impilato, sovracopertina da best seller, posizione strategica spalla spalla all'ultimo Follett - mi erano presi i sudori freddi e lì per lì avevo deciso di lasciare perdere. Poi Stella mi svela l'architettura del libro e il punto centrale: rapporti con Vecchio e Nuovo Testamento. Ok, toccherà comprarlo e leggerlo - in coda. Poi Scaffai legge Magrelli (anche lui a 22 eurini nei supercoralli) e l'idea della struttura del libro mi pare interessante, come del resto questa idea di prosa breve che si ferma un attimo prima dell'abisso della poesia.
Il Guardian riporta la notizia di un nuovo testo non incluso da Ted Hughes nelle "Birthday Letters". Ted racconta l'ultima settimana della vita della Plath. Come lei gli facesse pervenire una lettera d'addio, lettera che per strani incastri del destino postale lo raggiunge prima dell'effettivo suicidio della poetessa americana. Sylvia si uccide con il gas tra la domenica sera e il lunedì mattina dell'undici febbraio 1963. La lettera "the last letter" è nelle tasche di Hughes dal venerdì pomeriggio. Pare che il poeta passasse quell'ultimo fine settimana della moglie in compagnia di un'altra poetessa (nella casa dove avevano vissuto appena sposati, nel letto dove avevano condiviso le loro prime giioie amorose). Normale che un po' di tormento ti resti... non so, cosa ci muove a leggere questo gossip letterario?
Tuttolibri recensisce sia il volume della Fusini sia la supposta opera perduta di Shakespeare uscita da Fazi che compariva anche in Alias.
Leggendo il passo citato nella recensione di Magrelli sul giocare a calcio mi sono tornati in mente i palleggi che facevo con mio padre sulla spiaggia del lido ravennate dove passavamo le vacanze. Ricordo che calciava sempre con l'esterno del piede con quello che lui chiamava "colpo all'ungherese". Dava alla palla un effetto a rientrare che rividi, fulminato dall'illuminazione, in un vecchio documentario con immagini in bianco e nero della vecchia grande Ungheria di Puskas in allenamento. Ricordo che pensai che avrei dovuto prendere quel colpo a effetto con maggiore serietà. Tra i piedi dei giocatori ungheresi la palla sfuggì morbida come su tappeto di biliardo descrivendo un arco perfetto prima di rientrare verso il giocatore cui era indirizzata.
Oggi quel giro è diventato per me un "versus", un "turn", pertiene a quel mondo ineffabile di azioni, parole, pensieri in cui colloco il disperso creativo dell'esistenza. Addio al calcio.

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